Riscaldamento climatico: quale futuro stiamo costruendo?

La soglia di 1,5 °C di aumento della temperatura media globale rispetto ai livelli preindustriali è oggi il limite critico riconosciuto dalla comunità scientifica internazionale per evitare gli effetti più catastrofici del cambiamento climatico. Superarla significherebbe esporre miliardi di persone a rischi crescenti: eventi climatici estremi, innalzamento del livello del mare, crisi idriche e alimentari, perdita di biodiversità e instabilità sociale. Stabilita con forza nell’Accordo di Parigi del 2015 e ribadita nei più recenti rapporti dell’IPCC (The Intergovernmental Panel on Climate Change), questa soglia rappresenta non solo un parametro climatico, ma un vero e proprio punto di non ritorno per l’equilibrio del pianeta.

Secondo il Rapporto speciale IPCC 1,5°C, per restare sotto tale soglia è necessario ridurre le emissioni nette globali di CO₂ del 45 % entro il 2030, rispetto ai livelli del 2010, e raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050

Il Stern Review (2006) stimava che investire tra l’1 % e il 2 % del PIL mondiale all’anno avrebbe evitato costi del cambiamento climatico pari al 5 % (e potenzialmente fino al 20 %) del PIL annuo.

L’IEA (International Energy Agency) nel suo scenario “Net Zero by 2050” indica che il comparto oil & gas deve dimezzare entro il 2030 l’intensità emissiva e ridurre del 60 % le emissioni totali del settore Servono circa 600 miliardi $ di investimenti upfront (meno del 15 % dei profitti “nascosti” del 2022) .

Consumi di petrolio: quanto bisognerebbe ridurre?

Il Comitato IPCC sul “Balanced Net Zero” propone una riduzione della domanda di petrolio dell’85 % entro il 2050

Secondo studi sul “carbon bubble”, per il 50 % di probabilità di restare sotto 1,5 °C, il 60 % delle riserve di petrolio deve rimanere nel sottosuolo

Fonti “carbon bombs” valutano che i progetti fossili pianificati possono generare emissioni corrispondenti a un decennio delle emissioni cinesi.

Dunque, per rispettare l’obiettivo 1,5 °C sarebbe necessario tagliare almeno il 60–85 % della produzione e dell’utilizzo di petrolio entro il 2050.

Accordi sul clima: perché l’economia è rimasta ai margini

Negli accordi come Parigi (2015) o quelli seguenti, si è concordato su obiettivi di riduzione (% di emissioni), ma non si sono trovati accordi solidi su strumenti economici vincolanti, come carbon tax universali, meccanismi di finanziamento e revisione fiscale.

Manca una definizione globale condivisa su:

  • Prezzo vero del carbonio (molte stime indicano 50 $/tCO₂ o più);
  • Riduzione dei sussidi ai fossili (sarebbe utile abolirli per ridurre le emissioni del 10 % entro il 2030) ;
  • Risorse per la transizione dei Paesi dipendenti dai combustibili fossili (senza adeguate politiche di diversificazione, rischiano ricadute devastanti).

Spese militari: 5 % del PIL

Di recente alla NATO è stato concordato un aumento della spesa militare al 5 % del PIL entro il 2035 (3,5 % per “hard defence”, 1,5 % per infrastrutture e cybersecurity)

L’Italia, attualmente al 2 %, si impegna a raggiungere nel 2035 il 5 %, con gradualità e modifiche normative.

Già oggi il mondo investe 2.46 trln $ in difesa (2024), con la NATO che pesa 226 Mt CO₂/anno, oltre 8 mln di auto termiche equivalenti.

 Un’analisi della NEF calcola che la spesa aggiuntiva verso il 5 % del PIL militare ammonterebbe a circa 613 miliardi€ l’anno solo per i membri UE della NATO, superando la domanda di spesa green e sociale di 375–526 miliardi€ annui.

Contraddizioni e prospettive

Le scelte economiche e politiche degli ultimi anni mostrano una serie di contraddizioni sempre più evidenti tra le dichiarazioni sul cambiamento climatico e le decisioni concrete dei governi. Da un lato, si ribadisce la necessità di ridurre drasticamente le emissioni, di investire nella transizione energetica e di salvaguardare il pianeta per le generazioni future. Dall’altro, si assiste a un massiccio spostamento di risorse verso il settore della difesa e della sicurezza, in risposta a un contesto geopolitico globale sempre più instabile.

Questa tendenza comporta conseguenze evidenti. Gli investimenti militari – che si avviano a raggiungere il 5% del PIL in molti Paesi occidentali – rischiano di sottrarre risorse proprio a quelle politiche di decarbonizzazione e riconversione ecologica che sarebbero invece urgenti e prioritarie. Si tratta di un vero e proprio cortocircuito: si moltiplicano le spese per sentirsi più sicuri in un futuro minacciato, mentre si abbandonano le misure che renderebbero quel futuro possibile e vivibile.

Non meno grave è il fatto che molti degli strumenti economici fondamentali per la transizione – come la definizione di un prezzo globale del carbonio, la rimozione dei sussidi ai combustibili fossili, o meccanismi di compensazione tra Nord e Sud del mondo – restano paralizzati da interessi divergenti e mancanza di coraggio politico. La frammentazione degli accordi internazionali sul clima riflette proprio questa incapacità di superare visioni a breve termine per costruire un’economia globale più equa e sostenibile.

Infine, mentre i governi giustificano la corsa al riarmo in nome della sicurezza futura, si ignora una verità essenziale: il peggior nemico della sicurezza globale è proprio il cambiamento climatico. Le sue conseguenze – desertificazione, migrazioni forzate, scarsità di risorse, eventi estremi – generano instabilità ben più durature e pervasive di qualsiasi minaccia bellica convenzionale.

In sintesi, ci stiamo preparando a essere più forti in un futuro che rischia di non esistere. La sfida non è soltanto tecnica o economica, ma profondamente politica e culturale: scegliere tra il rafforzamento dell’apparato bellico e la costruzione di una pace climatica duratura.

REFERENZE

IPCC (2018). Special Report: Global Warming of 1.5 °C. Intergovernmental Panel on Climate Change.
https://www.ipcc.ch/sr15/

Stern, N. (2006). Stern Review: The Economics of Climate Change. HM Treasury.
https://en.wikipedia.org/wiki/Stern_Review

International Energy Agency (IEA). Emissions from Oil and Gas Operations in Net Zero Transitions.
https://www.iea.org/reports/emissions-from-oil-and-gas-operations-in-net-zero-transitions

IEA (2021). Net Zero by 2050: A Roadmap for the Global Energy Sector.
https://www.iea.org/reports/net-zero-by-2050

Carbon Tracker Initiative. Unburnable Carbon: Are the world’s financial markets carrying a carbon bubble?
https://carbontracker.org/reports/carbon-bubble/

The Guardian (2025). Europe’s pledge to spend more on military will hurt climate and social programmes.
https://www.theguardian.com/world/2025/jun/24/europes-pledge-to-spend-more-on-military-will-hurt-climate-and-social-programmes

Euronews (2025). NATO agrees to 5% higher defence spending target ahead of key summit at The Hague.
https://www.euronews.com/2025/06/23/nato-agrees-to-5-higher-defence-spending-target-ahead-key-summit-at-the-hague

Reuters (2025). Struggling to meet NATO goal, Italy mulls stretching defence budget.
https://www.reuters.com/world/europe/struggling-meet-nato-goal-italy-mulls-stretching-defence-budget-2025-04-04

IISS (2025). Military Balance 2025. International Institute for Strategic Studies.
https://www.iiss.org/online-analysis/military-balance/2025/02/global-defence-spending-soars-to-new-high

TIME Magazine (2022). The New IPCC Report Was Delayed As Scientists Debated Reliance On Carbon Capture.
https://time.com/6164252/ipcc-carbon-capture-climate-mitigation

Academic article (2023). Climate finance justice and oil producing countries in the Global South.
https://academic.oup.com/jiel/article/26/4/817/7425562

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