Non voleva partire, quella sera, Babbo Natale.
Il sacco con i doni era pieno, la slitta tirata a lucido, le renne strigliate pelo a pelo e ogni renna montava un campanellino nuovo. Gli Elfi avevano fatto proprio un buon lavoro, paziente e certosino, come ogni anno.
Sulla terra cominciava a imbrunire e scendevano le prime ombre della notte, quella più magica dell’anno, eppure Babbo Natale non voleva decidersi a partire. Girava a vuoto per la stanza inventandosi di tutto: riallacciava gli stivali, pettinava la barba ordinatissima, apriva la cintura… per richiuderla sempre sullo stesso buco; accendeva e spegneva le luci dell’albero a ritmo di “Jingle bells”, che oramai risuonava nell’aria da una buona mezz’ora, da quando cioè era prevista l’ora della sua partenza per la Terra. Sentiva che in quella notte mancava qualcosa e che per questo il suo lungo viaggio non sarebbe stato lo stesso di sempre: presentimento, sesto senso… non si era mai sentito così in vita sua e per la prima volta era un po’ malinconico.
Gli bussarono alla porta: era Jorg, l’Elfo più anziano: “Babbo Natale, che succede, non ti senti bene?”…gli dette una pacca sulla spalle e alla fine lo convinse, di malavoglia, a partire.
Ecco la Notte: amava annusare l’aria di dicembre. Scendendo da nord c’era prima l’odore del ghiaccio di mare, poi quello degli arbusti delle tundre, dei boschi di conifere. Poi le case; qui i profumi diventavano di legno di camino e ciambelle appena sfornate … aveva con gli anni imparato ad apprezzare anche i profumi delle città, soprattutto quando tra i miasmi di fabbriche e benzine sentiva la vaniglia delle camerette dei bambini, che lo invocavano a gran voce, giuravano di essere stati buoni tutto l’anno, chiedendogli i regali più semplici e fantasiosi.
Un camino dopo l’altro, un albero dopo l’altro, un bimbo dopo l’altro … “E’ un lavoro duro, ma qualcuno lo deve pur fare”.. si disse Babbo Natale per strapparsi un sorriso e in quell’attimo si rese conto di essere un po’ solo e che da sempre, in quella notte, magica nessuno aveva pensato mai a lui.
Continuava il suo viaggio e ovunque scorgeva distintamente accanto ad ogni uomo, donna, vecchio o bambino del pianeta un Angelo; ognuno aveva il suo e ogni Angelo accompagnava gli uomini, le donne, i bambini e i vecchi nel loro cammino, proteggendoli certo, ma più spesso facendoli sorridere. Si fermò e capì, in un attimo, perché talvolta gli Uomini sorridono senza motivo, come a rincorrere un pensiero felice: è la carezza del loro Angelo.
Allora Babbo Natale cominciò con agitazione anzi con foga crescente a cercare il suo: rovistava in tutti i presepi delle case, delle chiese, nei grandi negozi che stavano chiudendo, nei libri delle biblioteche, nei racconti e nelle poesie .. cercava una traccia, un indizio. Non sarebbe ripartito, quella notte, dalla terra senza il suo Angelo.
Ad un certo punto sentì, nel coro delle voci che lo invocavano (che cominciavano a sembrargli querule e petulanti) una voce sottile ma ferma… di bimba sicuramente… che diceva “Babbo Natale ti voglio bene”!
Corse in quella direzione e la trovò: alta ed esile, bionda, gli occhi azzurri e verdi con tutti i colori del mare, col sorriso più dolce e vero che avesse mai visto … eppure di sorrisi ne aveva visti tanti …
“Babbo Natale, voglio venire con te.”
Babbo Natale parcheggiò le renne in doppia fila, scese dalla slitta, poggiò a terra il sacco dei regali, si tolse il cappello e la bimba gli fece una carezza; in quell’istante cominciò a sentirsi diverso … prima gli scomparve la lunga barba bianca, poi il pancione, adesso i vestiti addosso gli stavano larghi e lunghi, la pelle delle mani tornava liscia … in un istante e si ritrovò bambino … si avvicinò, le dette un bacino in fronte e disse “vengo io con te”.
Da quel Natale tutti i genitori e i nonni della terra furono costretti, loro, a comprare e comprarsi i regali, qualcuno travestendosi da Babbo Natale, per continuare la tradizione e cercare di rendersi felici.

Bellissima, complimenti!
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