Il corpo umano come l’Universo: la sorprendente architettura frattale della vita

Dalle galassie ai vasi sanguigni, dalle nebulose agli alveoli polmonari: la stessa geometria governa il cosmo e il nostro corpo. È la geometria frattale, una firma nascosta dell’organizzazione della natura.

Quando osserviamo il cielo stellato, vediamo un ordine che nasce dal caos: galassie che si ripetono in strutture sempre più grandi, filamenti cosmici che si intrecciano come una gigantesca ragnatela. Ma lo stesso tipo di organizzazione esiste anche dentro di noi. Il corpo umano, a ogni livello — macroscopico, microscopico e molecolare — obbedisce alle stesse leggi di autosimilarità e di complessità organizzata che regolano l’Universo.

Questa legge ha un nome: frattalità.

Che cos’è un frattale?

Un frattale è una struttura geometrica che ripete la propria forma su scale diverse. In altre parole, osservando un frattale da lontano o da vicino, ritroviamo lo stesso schema. Una costa marina, una felce, una nuvola, una galassia: tutte queste strutture appaiono irregolari, ma seguono regole matematiche precise.

Nel 1975 il matematico Benoît Mandelbrot dimostrò che la natura non ama le forme perfettamente euclidee (sfere, cubi, cilindri), bensì quelle frattali, capaci di ottimizzare lo spazio, gli scambi energetici e la resistenza meccanica.

Ed è proprio questa geometria che ritroviamo nel corpo umano.

Il corpo umano: una perfetta macchina frattale

1. Sistema vascolare: il fiume dentro di noi

Le arterie si ramificano in arteriole, che a loro volta si ramificano in capillari, con una struttura che si ripete sempre uguale. Questo permette di:

  • Massimizzare la superficie di scambio.
  • Ridurre il consumo energetico del cuore.
  • Distribuire uniformemente ossigeno e nutrienti.

È lo stesso principio con cui un grande fiume si divide in affluenti sempre più piccoli, oppure con cui i filamenti dell’Universo trasportano materia tra le galassie.

2. Alberi respiratori e alveoli: l’aria come una galassia

I bronchi si dividono in bronchioli, che a loro volta si dividono in dotti alveolari, fino agli alveoli: minuscole “stelle” biologiche dove avviene lo scambio gassoso.

Se gli alveoli fossero disposti in modo regolare, non basterebbero mai a garantire l’ossigenazione. Grazie alla struttura frattale, invece:

  • La superficie respiratoria dell’uomo è compresa tra 70 e 100 m².
  • Il flusso dell’aria resta efficiente anche a bassi volumi.

Un’espansione cosmica in miniatura.

3. Sistema nervoso: una rete come l’Universo

I neuroni si ramificano con dendriti sempre più piccoli, secondo un’architettura frattale che consente:

  • Massima connettività con minimo volume.
  • Velocità di trasmissione ottimizzata.
  • Grande resilienza ai danni localizzati.

La rete neuronale ricorda sorprendentemente la struttura a filamenti del cosmo, in cui vuoti e nodi si alternano in un equilibrio dinamico.

4. Ossa e muscoli: frattali anche nella biomeccanica

Non solo vasi e nervi: anche osso e muscolo sono frattali.

  • La trabecolatura ossea segue linee di forza che si ripetono a diverse scale.
  • I fascicoli muscolari si organizzano in unità autosimili che conferiscono forza, elasticità e precisione.

Dal punto di vista biomeccanico, questa geometria consente:

  • Distribuzione uniforme dei carichi.
  • Assorbimento ottimale degli stress.
  • Adattamento continuo agli stimoli meccanici.

È la stessa logica con cui le galassie distribuiscono masse enormi mantenendo la stabilità.

A conferma scientifica di questa visione, una recente e autorevole revisione pubblicata su Clinical Anatomy da Belviso, Branca, Guarnieri, Morelli, Pacini, Della Posta, Ribatti e Paternostro (2025, DOI: 10.1002/ca.70052) ha dimostrato che l’organizzazione frattale è una caratteristica costante di numerosi organi umani — dai polmoni al cuore, dal cervello ai reni, dal fegato alla pelle. Analizzando decenni di letteratura internazionale, gli autori mostrano che la “dimensione frattale” non è solo una curiosità matematica, ma un vero indicatore quantitativo di funzione e malattia: per esempio, nei polmoni è collegata alla gravità dell’ostruzione respiratoria, nei vasi della retina riflette lo stato della microcircolazione sistemica, nel cervello è associata alle capacità cognitive e alla progressione delle malattie neurodegenerative, mentre nell’intestino diminuisce nei processi infiammatori e tumorali. Grazie alle moderne tecniche di imaging e di analisi computazionale, la frattalità emerge oggi come un nuovo linguaggio per descrivere in modo oggettivo la complessità anatomica, aprendo scenari concreti per la diagnosi, il monitoraggio clinico e la medicina del futuro.

Il principio universale: massima efficienza con minimo dispendio

Il frattale non è solo una “forma bella”: è una soluzione funzionale. In biologia esso serve a:

  • Ridurre il consumo energetico.
  • Aumentare la superficie di scambio.
  • Garantire ridondanza e sicurezza.
  • Favorire l’adattamento e la riparazione.

Lo stesso principio governa:

  • Le leggi dell’idrodinamica nei fiumi.
  • I flussi magnetici solari.
  • La distribuzione della materia nell’Universo.

Il corpo umano, dunque, non è un’eccezione alla legge cosmica: ne è una raffinata espressione.

Frattali e malattia: quando l’ordine si spezza

Oggi la medicina studia la frattalità anche come biomarker diagnostico:

  • La perdita di frattalità nel battito cardiaco è indice di scompenso.
  • L’alterazione frattale del tessuto polmonare indica fibrosi.
  • Nei tumori, il grado di crescita frattale correla con l’aggressività.

La salute, in fondo, è un’armonia frattale. La malattia è una rottura dell’autosimilarità.

Un essere umano fatto della stessa geometria delle stelle

L’idea più affascinante è questa:
non siamo separati dall’Universo. Ne siamo una piccola replica geometrica.

Le stesse leggi matematiche che organizzano:

  • Ammassi di galassie,
  • Nuvole cosmiche,
  • Filamenti di materia oscura,

organizzano anche:

  • I nostri polmoni,
  • Il nostro cuore,
  • Il nostro cervello.

Ogni respiro è una piccola espansione cosmica. Ogni impulso nervoso è un viaggio attraverso una galassia invisibile.

L’uomo, un frattale vivente dell’Universo

Il corpo umano non è una somma di organi, ma una struttura frattale dinamica, in cui ogni parte riflette il tutto. La moderna anatomia, integrata con la biomeccanica, la fisiologia e la matematica, ci mostra che siamo costruiti secondo le stesse leggi che governano le stelle.

Studiare la frattalità significa quindi non solo capire meglio la medicina, ma anche riscoprire il nostro posto nel cosmo: non come spettatori dell’Universo, ma come una sua intima, straordinaria ripetizione.

La Scienza del Suono Umano: perché “Anatomia della Voce” è il libro che mancava

Anatomia della Voce (Struttura, Funzione e Neurobiologia del Linguaggio) non è un semplice manuale, ma un’opera che restituisce alla voce umana la complessità e la dignità di un fenomeno biologico, culturale e identitario.

Fin dalle prime pagine è chiaro che non ci troviamo di fronte a un trattato tecnico. La voce viene presentata come una vibrazione incarnata, un ponte tra corpo e mente, tra respiro e pensiero. La laringe non è soltanto un organo, ma una struttura dinamica capace di trasformare l’aria in significato. È un modo nuovo di raccontare un sistema antico e di farci vedere ciò che normalmente diamo per scontato.

Una scelta pedagogica: niente immagini

In un’epoca dominata dall’immagine, sorprende la decisione degli autori di non includere illustrazioni. Una scelta radicale che invita chi legge a riattivare la propria capacità di immaginare, orientarsi, ricostruire mentalmente lo spazio anatomico.
Questo approccio, lontano dalla passività visiva, rimette al centro l’intelligenza del lettore e la relazione viva tra testo e atlante.

Un’opera che tiene insieme tutto ciò che la scienza spesso separa

La forza del libro sta nella sua struttura enciclopedica ma leggibile:

  • L’Anatomia della laringe viene descritta con precisione millimetrica, dalle cartilagini alle pliche vocali;
  • la Biomeccanica della fonazione si intreccia con la fisiologia del respiro;
  • le Neuroscienze del linguaggio mostrano una rete di controllo molto più complessa del vecchio modello “area di Broca–area di Wernicke”;
  • la Clinica vocale viene presentata come un campo integrato, dove Anatomia, risonanza, postura e funzione si influenzano reciprocamente;
  • la Voce, infine, diventa un fenomeno psicofisiologico profondo, un luogo dove emozione, identità e cultura si esprimono.

Questo incrocio disciplinare crea un racconto unitario, in cui il corpo fonatore è descritto non a pezzi, ma come un unico gesto complesso che attraversa muscoli, nervi, respiro, percezione, intenzione.

La voce come territorio culturale

Uno dei meriti più notevoli del libro è la sua capacità di far emergere la voce al di là del perimetro medico.
La voce viene letta come segno evolutivo, come strumento di relazione, come espressione emotiva e persino come “impronta sonora” della nostra identità. È un fenomeno anatomico, sì, ma è anche un frammento di antropologia, di psicologia, di linguistica e d’arte.

Questa visione ampia dà al testo un respiro raro nei manuali scientifici: è un libro che rispetta la complessità del corpo e, al tempo stesso, quella dell’essere umano che quel corpo abita.

Chi dovrebbe leggerlo

Chi usa la voce per professione – cantanti, attori, logopedisti, insegnanti, terapeuti – troverà un quadro chiaro, completo e moderno.
Chi la studia – studenti di medicina, di neuroscienze, di scienze della comunicazione – scoprirà un modello integrato che supera i vecchi schemi.
E chi semplicemente vuole capire come nasce ciò che ci rende presenti nel mondo potrà finalmente leggere un testo che unisce rigore e profondità.

Anatomia della Voce è un’opera importante: colta, necessaria, capace di tenere insieme scienza e vita.
È un libro che mancava, ed è destinato a diventare un riferimento non solo per chi lavora con la voce, ma per chiunque voglia comprenderla davvero.



ANATOMIA DELLA VOCE. Struttura, Funzione e Neurobiologia del Linguaggio.

Immacolata Belviso, Jacopo Junio Valerio Branca, Glauco Cristofaro, Niccolò Fagni, Giulia Guarnieri, Giulia Mezzadimi, Ferdinando Paternostro, Francesco Potenza
ISBN: 9791224044468
EBOOK YOUCANPRINT 2025

LA VOCE

Follow-up e “durata dell’efficacia”: perché il tempo è (parte) dell’efficacia di una cura

In clinica la domanda “Questa terapia funziona?” è incompleta se non aggiungiamo “Per quanto tempo?”. L’efficacia non è solo l’ampiezza dell’effetto (quanto migliora un sintomo, un parametro, un esito), ma anche la sua tenuta nel tempo. Una risposta robusta ma breve può essere meno utile, o addirittura fuorviante, rispetto a una risposta moderata ma stabile. In altre parole, il tempo è una dimensione costitutiva dell’efficacia.

Per follow-up intendiamo l’osservazione sistematica e programmata di un paziente dopo l’inizio di un intervento, con raccolta di dati clinici, strumentali e di esito a scadenze definite.
Il follow-up non è solo “rivedere il paziente”: è un dispositivo di misurazione che consente di stimare la durata dell’effetto (durability), la probabilità di perdita di risposta (loss of response), i tempi a evento (recidiva, riacutizzazione, progressione, ricovero), e la sostenibilità nel mondo reale (aderenza, tollerabilità, interazioni).

Quando diciamo che una cura è “efficace”, stiamo implicitamente parlando di tre coordinate: entità, tempo e qualità dell’effetto. La durata incide su tutte:

  • Determina il valore clinico: una riduzione pressoria di 15 mmHg che si esaurisce in due settimane non protegge come una riduzione di 8–10 mmHg mantenuta per anni.
  • Modula il rapporto beneficio/rischio: benefici brevi con rischi cumulativi non sono accettabili; benefici duraturi con rischi controllati lo sono.
  • Guida la costo-efficacia: trattamenti con effetto persistente hanno un costo-beneficio più favorevole, anche se il prezzo unitario è maggiore.

Per questo la “durata della risposta” è, a tutti gli effetti, una dimensione dell’efficacia e non un accessorio statistico.

In pratica usiamo misure che incorporano il tempo:

  • Curve di sopravvivenza (Kaplan–Meier) e hazard ratio per “tempo alla perdita di risposta”, “tempo alla prima recidiva”, “tempo al fallimento terapeutico”.
  • Tassi di mantenimento della risposta/remissione a 3, 6, 12, 24 mesi; in oncologia e reumatologia si parla di “durable response rate”.
  • AUC dell’effetto (area sotto la curva): quanta “terapia efficace” si accumula nel tempo, utile nel dolore cronico, nella depressione, nel diabete.
  • Outcome ripetuti nel tempo (tasso di riacutizzazioni per anno, giorni liberi da sintomi, giorni al domicilio vs in ospedale).
  • NNT temporale: quante persone devo trattare per prevenire 1 evento entro 1 anno, 3 anni, 5 anni.
  • Sostenibilità reale: aderenza, persistenza in terapia, necessità di intensificazioni o switch, che sono proxy della durata clinica dell’effetto.

Queste metriche distinguono il “picco” dal “plateau”: una curva che precipita presto segnala un’efficacia fragile; una curva che si appiattisce tardi indica una durabilità.

Una terapia antiipertensiva può sembrare eccellente a 4 settimane e mediocre a 12 mesi se compaiono tolleranza o scarsa aderenza. Un antidepressivo può richiedere 6–8 settimane per esprimere l’effetto pieno e va valutato anche per la prevenzione delle ricadute nei 6–12 mesi successivi. Un biologico può indurre remissione in 3 mesi, ma la vera misura è la remissione libera da steroidi a 1–2 anni.
Il calendario del follow-up (distanza tra le visite, durata totale dell’osservazione, gestione delle perdite di follow-up e dei dati censurati) è quindi parte integrante della valutazione dell’efficacia.

La persistenza del beneficio dipende da fattori farmacologici e clinici, ma anche da fattori comportamentali e contestuali: farmacocinetica e farmacodinamica, comparsa di tolleranza o tachifilassi, adattamenti biologici del sistema bersaglio, progressione naturale della malattia, comorbidità, interazioni con altri farmaci, aderenza, stile di vita, accesso ai controlli, accettabilità degli effetti avversi. La durabilità clinica non coincide con l’emivita del farmaco: può essere più breve (tolleranza) o più lunga (rimodellamenti biologici “virtuosi”, immunità duratura dopo vaccini, riabilitazione che modifica il pattern motorio).

Nell’ipertensione, il beneficio reale è la riduzione sostenuta del rischio di ictus e infarto per lungo tempo, non solo la caduta della pressione a 1 mese. Nella depressione, il successo non è solo la remissione a 8 settimane, ma anche la prevenzione delle ricadute nel primo anno. Nell’asma e nel BPCO contano i giorni liberi da sintomi e la riduzione stabile delle riacutizzazioni stagionali. In reumatologia e MICI, il “drug survival” e la remissione mantenuta indicano se un biologico è davvero efficace. In oncologia, un tasso di risposta alto ma breve ha meno valore rispetto a un plateau di sopravvivenza libera da progressione.

Quando scegliamo o giudichiamo una cura, dovremmo chiederci: qual è l’entità dell’effetto? Per quanto dura? Qual è la probabilità di perderlo nel tempo? Cosa posso fare per prolungarlo (ottimizzare la dose, le combinazioni, l’aderenza, l’educazione, la riabilitazione)? Il piano terapeutico deve includere un piano di follow-up, con marcatori di risposta precoci e tardivi, soglie di allerta, finestre per l’intensificazione o per la de-escalation e strumenti per sostenere l’aderenza. Comunicare al paziente che misuriamo non solo “se funziona”, ma anche “per quanto funziona”, rende la cura più trasparente e condivisa.

Il follow-up non è un rituale amministrativo: è il modo in cui misuriamo la dimensione temporale dell’efficacia. Senza tempo, l’efficacia è un’istantanea; con il tempo, diventa una storia clinica affidabile. Per questo, uno dei parametri chiave dell’efficacia di una cura è la sua durata: l’obiettivo non è soltanto ottenere una risposta, ma mantenerla.

IL GUANTO E LA  CURA: UNA STORIA DI MANI

Oggi nessuno metterebbe in dubbio l’importanza dei guanti nella pratica medica, ma la loro storia è più recente, complessa e affascinante di quanto si creda. Prima che la microbiologia svelasse il ruolo dei germi nelle infezioni, il contatto diretto con il sangue, i tessuti o le secrezioni dei pazienti era considerato normale, quasi inevitabile. Le mani nude del chirurgo — simbolo di esperienza, fermezza e maestria — erano anche, inconsapevolmente, il principale veicolo di contagio.

Fino alla metà del XIX secolo, gli interventi chirurgici si svolgevano spesso in ambienti privi di qualsiasi misura antisettica. Le mani dei medici, che passavano da un paziente all’altro senza lavaggio, erano intrise di materiale organico, e la mortalità postoperatoria per infezioni, gangrena e sepsi era altissima. È in questo contesto che figure come Ignác Semmelweis e Joseph Lister cambiarono la storia della medicina.

Semmelweis, ostetrico ungherese a Vienna, osservò negli anni Quaranta dell’Ottocento che le donne che partorivano assistite da studenti di medicina morivano di febbre puerperale molto più frequentemente di quelle assistite da levatrici. Scoprì che gli studenti, reduci dalle dissezioni anatomiche, non si lavavano le mani prima di assistere al parto. Intuì — ben prima che Pasteur scoprisse i batteri — che le mani dei medici trasportavano “particelle cadaveriche” e impose il lavaggio con una soluzione di cloruro di calce. La mortalità precipitò, ma le sue idee furono accolte con scetticismo e ostilità.

Qualche decennio dopo, Joseph Lister, chirurgo inglese, portò le intuizioni di Semmelweis e di Pasteur in sala operatoria. Introducendo l’uso dell’acido fenico per disinfettare strumenti e le mani, fondò la chirurgia antisettica. Lister non usava ancora guanti, ma aprì la strada a un concetto nuovo: la sterilità del gesto medico.

Fu negli anni 1890 che il guanto divenne un simbolo concreto di questa rivoluzione. Il merito spetta al già citato William Stewart Halsted, professore di chirurgia al Johns Hopkins Hospital di Baltimora. La leggenda, che la documentazione storica conferma in larga parte, racconta che Halsted fece realizzare da Goodyear, la compagnia produttrice di gomma, dei guanti su misura per la caposala Caroline Hampton, che soffriva di gravi dermatiti dovute ai disinfettanti usati per lavarsi le mani. Le mani di Caroline furono risanate, ma Halsted si accorse presto che la presenza dei guanti riduceva anche drasticamente le infezioni chirurgiche nei pazienti.

All’inizio molti chirurghi consideravano il guanto una sorta di intralcio: temevano che riducesse la sensibilità tattile e la precisione delle manovre. Ma i risultati clinici furono così convincenti da rendere il guanto parte integrante dell’abbigliamento sterile. Intorno al 1900, nei principali ospedali statunitensi e europei, il suo impiego in sala operatoria era già prassi consolidata.

Con il progredire dei materiali e della tecnologia, la gomma grezza lasciò il posto a composizioni più sottili e adattabili. Dopo la Seconda guerra mondiale comparvero i guanti in lattice naturale, elastici e confortevoli, poi negli anni Ottanta e Novanta le versioni in nitrile o vinile, pensate per ridurre il rischio di allergie e migliorare la resistenza meccanica.

L’uso dei guanti non si limitò alla chirurgia. In ostetricia, la loro introduzione segnò un punto di svolta nella lotta contro la febbre puerperale, che fino ad allora mieteva vittime a migliaia. Il parto, un evento fisiologico ma intrinsecamente rischioso, divenne più sicuro grazie all’adozione di pratiche di igiene rigorose e all’impiego dei guanti durante le manovre esplorative o estrattive.

Nel corso del Novecento, l’idea del “guanto medico” si diffuse in tutti i settori sanitari: dai laboratori di microbiologia alle sale di emergenza, dalle terapie intensive ai reparti di isolamento. Persino nelle cure domiciliari e nella medicina di base, i guanti divennero sinonimo di professionalità, protezione e rispetto reciproco tra operatore e paziente.

La pandemia di HIV negli anni Ottanta e, più recentemente, quella da SARS-CoV-2 hanno riaffermato il valore del guanto come strumento di barriera biologica, simbolo della prevenzione universale. Ma al di là della funzione di difesa, il guanto rappresenta anche una soglia culturale: quella che separa la cura come gesto tecnico dalla cura come gesto umano.

La tecnologia, dunque, ha reso i guanti sempre più sottili, elastici e sensibili. I materiali — dal lattice naturale ai polimeri sintetici come nitrile e vinile — vengono oggi selezionati per massimizzare comfort, biocompatibilità e percezione tattile. Tuttavia, nonostante i progressi, il tocco attraverso il guanto non è mai identico a quello diretto. Il tatto, che è il primo strumento diagnostico del medico e del terapista, subisce una modulazione: la pressione, la temperatura e la consistenza del tessuto biologico vengono filtrate, lievemente attenuate.

Per questo motivo, in alcune discipline manuali come la fisioterapia, l’osteopatia o la terapia miofasciale, la scelta di utilizzare o meno i guanti richiede una riflessione calibrata. In tali contesti, la percezione diretta delle tensioni, dei piani fasciali o della risposta cutanea del paziente è parte integrante dell’atto terapeutico. Tuttavia, vi sono circostanze — come in presenza di lesioni cutanee, infezioni dermatologiche o rischio di contatto con fluidi biologici — in cui la protezione del professionista (e, inversamente, del paziente) prevale sulla necessità di un tatto “nudo”.

L’uso del guanto, dunque, non è solo una questione di sicurezza, ma anche di etica sensoriale. Indossarlo o meno significa decidere il grado di distanza — fisica, ma anche simbolica — fra chi cura e chi è curato. La mano guantata preserva, protegge, evita contaminazioni; la mano nuda esplora, percepisce, comunica empatia.

In un’epoca in cui la medicina cerca costantemente un equilibrio tra tecnologia e umanità, il guanto diventa il simbolo di questa tensione: barriera necessaria, ma anche velo sottile che interpone tra due corpi la memoria di un contatto possibile. Forse la vera sfida sta nel saperlo usare non solo con rigore, ma con consapevolezza — sapendo quando la protezione è un dovere e quando il tocco diretto resta parte essenziale della cura.

Il primo guanto chirurgico della storia

IL CERVELLO CHE MUOVE E CHE SENTE

Un viaggio nel sistema nervoso tra scienza, coscienza e meraviglia

C’è un momento, nella vita di ogni studente di medicina o di chiunque si avvicini all’Anatomia, in cui il cervello smette di essere un organo e diventa un universo. Il cervello che muove e che sente è la guida perfetta per attraversarlo.
Scritto con rigore accademico ma con una voce  narrativa, questo volume conduce il lettore lungo le vie nervose che uniscono moto e sensibilità, le autostrade invisibili che fanno di ogni gesto e di ogni percezione un atto di pensiero incarnato.

Dalle decussazioni delle vie piramidali alla plasticità sinaptica, dalla propriocezione al dolore, fino ai neuroni specchio e al sistema limbico, il testo non è solo un compendio di neuroanatomia ma una vera mappa del rapporto tra corpo e mente.
La scrittura appassionata evita il tono arido dei manuali e restituisce al linguaggio anatomico una dimensione poetica e profondamente umana. Gli autori invitano a non “guardare” soltanto il cervello, ma a pensarlo come un sistema vivo di relazioni, dove ogni fibra racconta una storia di integrazione e di adattamento.

Originale e coraggiosa la scelta didattica di rinunciare alle immagini: il lettore è spinto a costruire nella mente le proprie rappresentazioni, intrecciando parola e immaginazione, descrizione e atlante. In un’epoca di ipervisualizzazione, questo approccio restituisce al testo scritto la sua funzione più nobile: educare al pensiero profondo, non alla semplice osservazione.

È un libro che parla a chi, mosso da curiosità e meraviglia, desidera capire come il cervello traduca in movimento la volontà, e in emozione la percezione.
Ogni pagina trasmette la sensazione che studiare anatomia sia, prima di tutto, un atto d’amore per la complessità del corpo umano.

IL CERVELLO CHE MUOVE E CHE SENTE
Immacolata Belviso, Jacopo Junio Valerio Branca, Alberto Cacciola, Giulia Guarnieri, Ferdinando Paternostro
YOUCANPRINT 2025 E-book (pdf)
ISBN: 9791224034728 Pagine: 132

IL COLLO

Anatomia topografica, Clinica e Chirurgica della regione cervicale

Il collo è un territorio sospeso, un ponte fragile e possente al tempo stesso. È il tratto che unisce la testa al corpo, il cervello al cuore, il respiro alla voce. In esso confluiscono funzioni vitali e segni identitari: qui passano le arterie che irrorano il pensiero, le vene che restituiscono al cuore il sangue ossigenato, i nervi che modulano parola e movimento, gli organi che custodiscono il respiro e il canto. Il collo non è dunque soltanto una regione anatomica: è un crocevia di vita, dove il ritmo del battito e quello della parola si incontrano.

Raccontare il collo significa entrare in un labirinto di piani, fasce e logge, apparentemente complesso ma governato da un ordine nascosto. Questo volume si propone come guida in tale viaggio, adottando uno sguardo topografico e clinico insieme. La descrizione procede dall’esterno all’interno: dalla superficie palpabile, con i suoi reperi ossei e muscolari, fino alle profondità invisibili, dove gli spazi fasciali nascondono percorsi segreti di diffusione patologica. Ogni strato è descritto con attenzione al dettaglio anatomico ma anche alle sue implicazioni pratiche, chirurgiche e radiologiche.

La chirurgia trova qui una mappa sicura: dai piani per una tracheotomia alle dissezioni linfonodali in oncologia testa-collo, dagli accessi vascolari per le endoarteriectomie alle delicate operazioni sulla tiroide e sulle paratiroidi. La radiologia aggiunge un linguaggio complementare: ecografia, TAC e RMN vengono presentate come strumenti di lettura in vivo degli stessi piani anatomici descritti in sala settoria.
Ne emerge un vero e proprio atlante narrato, capace di accompagnare il lettore dal tavolo anatomico allo schermo radiologico, senza soluzione di continuità.

Accanto alla precisione scientifica, il testo conserva un respiro più ampio. L’anatomia del collo non è solo una mappa di strutture: è anche la chiave per comprendere il valore umano di una regione che porta in sé voce, respiro, sguardo e identità. Ogni fascia che avvolge, ogni muscolo che sostiene, ogni nervo che innerva è parte di una sinfonia sottile, che rende possibile la parola, il canto, il gesto di voltare la testa verso l’altro.

Il libro è pensato per studenti e professionisti ma anche per chiunque desideri comprendere in profondità una delle regioni più delicate e affascinanti del corpo umano. È un invito a guardare il collo con occhi nuovi: non solo come sede di patologie e di gesti operatori, ma come luogo dell’incontro tra Anatomia e umanità, tra funzione e significato.

IL COLLO
Immacolata Belviso, Niccolò Fagni, Marco Mandalà, Ferdinando Paternostro
YOUCANPRINT 2025 E-book (pdf)
ISBN: 9791224029083
https://store.youcanprint.it/il-collo/b/8de137e9-9851-5424-9f14-1a1ad407eefd

Il Pene: un viaggio sorprendente tra corpo e immaginario

Il pene è uno degli organi più studiati e al tempo stesso più fraintesi del corpo. Apparentemente semplice nella forma, racchiude in realtà una complessità strutturale e funzionale che ha consentito alla specie umana di perpetuarsi e, al contempo, di costruire un immaginario simbolico senza pari. La sua funzione primaria – permettere la riproduzione attraverso il coito – è inscindibile dalla possibilità di trasmettere la vita, rendendolo protagonista assoluto di un processo biologico universale.
Ma il pene non è solo strumento della procreazione: è anche organo dell’escrezione urinaria, sede di meccanismi neurovascolari finemente orchestrati e bersaglio di patologie che spaziano dalle malformazioni congenite alle disfunzioni acquisite, fino alle neoplasie.
A queste dimensioni fisiologiche e cliniche si affianca un’altra, non meno potente: il valore culturale. Nessun altro elemento anatomico ha ispirato, turbato e affascinato così a lungo la mente umana. Dal culto fallico delle civiltà antiche alle rappresentazioni idealizzate dell’arte classica, fino alle tensioni iconografiche della modernità, il pene ha attraversato millenni come simbolo di virilità, forza e fertilità.

Un organo, dunque, complesso crocevia di biologia, simbolismo e cultura: questo è il punto di partenza dell’ e-book Il Pene. Anatomia, mito, scienza, arte e cultura (Youcanprint, 2025), firmato da Immacolata Belviso, Raffaele Pastore, Ferdinando Paternostro, Maria Paternostro e Andrea Romano.

Il libro affronta il pene nella sua interezza: struttura anatomica e fisiologia, patologie e chirurgia, ma anche storia delle idee, rappresentazioni artistiche e linguaggi popolari. Un approccio multidisciplinare che unisce la precisione della scienza alla libertà dell’immaginario collettivo.

Dalla spermatogenesi alla dinamica dell’erezione, dalla disfunzione erettile ai tumori, passando per la circoncisione, i trapianti e le questioni di bioetica, il testo guida il lettore attraverso un percorso che non si limita alla medicina. Ampio spazio è infatti dedicato al simbolismo antico, all’arte rinascimentale, alla cultura popolare e persino ai cento modi di dire “pene” nella tradizione italiana.

Gli autori hanno scelto una didattica particolare: quasi totale assenza di immagini, per stimolare lo studio parallelo con atlanti anatomici e sviluppare così un atteggiamento critico e attivo. Una sfida contro l’ipervisualizzazione contemporanea, che restituisce valore al testo scritto e invita a un dialogo più profondo con la conoscenza.

Il Pene si rivolge non solo a studenti e professionisti della salute, ma anche a chiunque voglia comprendere come un organo biologico sia diventato, nei secoli, potente icona sociale, artistica e culturale.

Un’opera capace di intrecciare medicina e umanesimo, scienza e mito, clinica e filosofia, restituendo al lettore una visione completa di uno dei temi più affascinanti e controversi dell’esperienza umana.

Gli Autori

Immacolata Belviso
Professoressa Associata di Anatomia Umana, Università Telematica Pegaso
Raffaele Pastore
Ricercatore, Università del Molise, Campobasso
Ferdinando Paternostro
Professore Associato di Anatomia Umana, Università degli Studi di Firenze
Maria Paternostro
Giornalista, Direttore Informacittà Firenze
Andrea Romano
Specializzando in Urologia, Università degli Studi di Firenze

IL PENE. ANATOMIA, MITO, SCIENZA, ARTE E CULTURA
ISBN | 9791224030140 Prima edizione digitale: 2025
https://store.youcanprint.it/il-pene-anatomia-mito-scienza-arte-e-cultura/b/ba9fb6b2-b5b3-5297-a126-4d0f561ed334

ANATOMIA per le Scienze Motorie …(ma non solo)

F. Bucchieri – G. Gobbi – G. Musumeci, et al., F. Paternostro
ISBN: 9788836232161 EDISES 2025

Questa nuova edizione rappresenta l’evoluzione del volume Anatomia dell’Apparato Locomotore, curato da Felicia Farina, e si propone come strumento di studio aggiornato e completo per gli studenti delle scienze motorie e per chi si occupa professionalmente di movimento e riabilitazione.

A differenza del testo originario, che limitava l’analisi all’apparato locomotore, questa versione estende la trattazione a tutti gli apparati e sistemi del corpo umano, integrando costantemente la dimensione funzionale e pratica. L’Anatomia non è quindi presentata come semplice descrizione morfologica, ma come base indispensabile per comprendere il movimento, l’attività fisica e la performance.

La prima parte del volume conserva l’impianto sistematico dedicato all’apparato locomotore, mentre la principale innovazione è costituita dall’inserimento di capitoli dedicati alla Biomeccanica e agli altri apparati corporei, con particolare attenzione ai risvolti motori e clinici. In questo contesto, ho contribuito alla stesura del capitolo sulla Biomeccanica e dell’approfondimento relativo all’arto superiore, ambiti fondamentali per il legame tra teoria anatomica e applicazione pratica.

L’apparato iconografico, già punto di forza dell’opera originale, è stato arricchito con nuove illustrazioni pensate per facilitare la comprensione immediata delle strutture e dei rapporti funzionali.

Si tratta quindi di un testo utile non solo per gli studenti di Scienze motorie, ma anche per i Fisioterapisti, che troveranno in queste pagine un supporto concreto alla loro formazione e pratica professionale.

Felice ed orgoglioso di aver contribuito alla realizzazione di questa Opera insieme a tanti, stimatissimi Colleghi.

ANATOMIA PER LE SCIENZE MOTORIE
F. Bucchieri – G. Gobbi – G. Musumeci, et al., F. Paternostro
ISBN: 9788836232161 EDISES 2025
https://www.edises.it/default/f-bucchieri-anatomia-per-le-scienze-motorie-i-ed.html

Il Peritoneo

L’architettura invisibile che sorregge l’addome

C’è una parte del corpo che risulta, a chi studia, sempre difficile e complicata: il peritoneo. Questa sottile membrana sierosa riveste la cavità addominale e pelvica, avvolge gli organi viscerali, li sostiene e li protegge, regola fluidi e movimenti, partecipa alla difesa immunitaria e influenza la diffusione di infezioni e metastasi. Sottile, onnipresente nell’addome, il peritoneo rappresenta una delle architetture più complesse e raffinate dell’organismo umano.

A tale struttura è dedicato il volume Il Peritoneo: Architettura invisibile dell’addome”, scritto insieme a Immacolata Belviso, Carlo Benedini e Alessandro Palazzolo. Si tratta di un’opera che dona dignità e centralità a un organo non marginale, che anche la ricerca più recente ha portato al centro della fisiologia e della clinica.

Una scelta editoriale controcorrente

Le-book colpisce per una decisione radicale: non contiene illustrazioni. In un’epoca in cui lo studio dell’Anatomia è dominato da immagini tridimensionali, modelli digitali e rendering sofisticati, questa assenza non è una mancanza, ma una scelta deliberata. Abbiamo voluto proporre un metodo didattico differente, che invita il lettore a non fermarsi alla visione immediata ma a ricostruire mentalmente la complessità anatomica, servendosi dell’Atlante come strumento complementare. In questo modo lo studio diventa attivo, critico, creativo, e permette di sviluppare capacità di orientamento spaziale tridimensionale che sono indispensabili nella pratica medica e chirurgica.
Sono presenti, in realtà, alcune spendide immagini scattate da Carlo Benedini (Anatomia Fotografica) ai tavoli settori di ICLO Teaching and Research Center, struttura che per questo sentitamente ringrazio.

Una membrana dinamica

Il peritoneo, spesso descritto come un semplice rivestimento, è in realtà un sistema dinamico. È costituito da due foglietti – parietale e viscerale – che delimitano la cavità peritoneale, al cui interno scorre una minima quantità di fluido lubrificante, indispensabile per permettere il movimento dei visceri durante la digestione e la respirazione. Da queste pieghe derivano strutture complesse come i mesenteri, che sospendono l’intestino e ne veicolano vasi e nervi; gli omenti, che agiscono come veri “tutori immunologici” isolando focolai infettivi; i legamenti, che fissano e stabilizzano organi vitali come fegato, stomaco e milza.

La sua funzione non si esaurisce nel sostegno meccanico. Il peritoneo regola la distribuzione dei fluidi corporei, contribuisce alla risposta immunitaria locale, circoscrive infezioni e processi infiammatori attraverso la formazione di aderenze, e rappresenta una superficie di scambio e assorbimento di enorme rilevanza clinica.

Un protagonista della clinica moderna

La conoscenza del peritoneo è fondamentale non solo per l’anatomista, ma anche per il chirurgo, l’oncologo e il radiologo. Le sue pieghe e i suoi recessi determinano vie di diffusione delle infezioni e delle metastasi, e condizionano gli esiti degli interventi chirurgici. La pratica clinica quotidiana mostra quanto sia determinante comprenderne i comportamenti: basti pensare alla dialisi peritoneale, che utilizza la membrana come filtro naturale per depurare il sangue in pazienti con insufficienza renale; oppure alle aderenze post-operatorie, responsabili di dolore cronico e occlusioni intestinali; o ancora alle metastasi peritoneali, una delle complicanze più gravi dei tumori addominali.

Negli ultimi anni il peritoneo è divenuto bersaglio di strategie terapeutiche innovative, come la chemioterapia intraperitoneale, che consente di somministrare farmaci direttamente nella cavità addominale, aumentando l’efficacia locale e riducendo la tossicità sistemica. Questo approccio ha aperto prospettive nuove nel trattamento delle neoplasie gastriche e ovariche, e mostra quanto il peritoneo sia un territorio attivo della medicina di oggi e di domani.

Tra scienza e cultura del corpo

Il Peritoneo: Architettura invisibile dell’addome non è soltanto un manuale tecnico. È anche una riflessione sulla cultura del corpo e sul valore dello studio anatomico come esercizio di immaginazione e di pensiero critico. L’opera invita a superare l’idea di un sapere immediatamente disponibile e consumabile, per recuperare invece il tempo lento dell’apprendimento, in cui il testo scritto e l’immagine si integrano attraverso lo sforzo attivo dello studente.

Il libro parla a Studenti e a Specialisti, ma può interessare anche un pubblico più ampio, curioso di scoprire come funziona quell’architettura nascosta che, silenziosamente, rende possibile la vita di ogni giorno, non è un semplice rivestimento ma un attore protagonista dell’Anatomia, della Fisiologia e della Clinica.

IL PERITONEO
Architettura invisibile dell’addome
ISBN: 9791224026556
YOUCAN PRINT Ebook (pdf) 2025

Immacolata Belviso
Professoressa Associata di Anatomia, Umana Università Telematica Pegaso 

Carlo Benedini 
Osteopata e Fisioterapista

Alessandro Palazzolo
Osteopata e Fisioterapista

Ferdinando Paternostro
Professore Associato di Anatomia Umana, Università degli Studi di Firenze

Studio sulle catene miofasciali e sulla rete policonnettiva: presenti al 7th International Fascia Research Congress di New Orleans

Daniele Della Posta, Ferdinando Paternostro, Carla Stecco

From Myofascial Chains to the Polyconnective Network: A New Approach to Biomechanics and Rehabilitation Based on Graph Theory

7th International Fascia Research Congress.
August 10–14, 2025,  New Orleans, Louisiana


Negli ultimi anni, il concetto di rete miofasciale ha profondamente modificato la comprensione biomeccanica del corpo umano, offrendo una visione integrata, tridimensionale e multidirezionale delle connessioni corporee .

Scopo di questo studio è descrivere il passaggio dal tradizionale modello lineare delle catene miofasciali a un paradigma reticolare, fondato sulla teoria dei grafi, che consente di rappresentare il sistema osteo-miofasciale come un insieme complesso di nodi interconnessi. Grazie a strumenti computazionali avanzati, è stato possibile ricostruire modelli anatomici di rete più aderenti alla realtà. L’analisi topologica delle reti complesse ha permesso di individuare nodi chiave in grado di influenzare la trasmissione delle forze biomeccaniche, migliorando la comprensione dell’organizzazione anatomica e funzionale di fasce e muscoli.

I dati ottenuti indicano che le misure di centralità possono orientare interventi mirati a migliorare stabilità, equilibrio e adattabilità corporea.

L’approccio basato sulla rete anatomica supera le limitazioni del modello lineare delle catene miofasciali, mettendo in evidenza la modularità e la capacità di adattamento del sistema. L’analisi della connessione tra fascia clavi-pettorale e muscolo temporale, ad esempio, ha evidenziato che i percorsi di trasmissione delle forze più efficienti non coincidono necessariamente con i più brevi, confermando come la biomeccanica umana segua vie alternative e altamente specializzate. L’applicazione della teoria delle reti anatomiche apre nuove prospettive nella ricerca e nella pratica clinica, favorendo l’integrazione di tecnologie di imaging avanzato e di modelli predittivi.

Questo approccio può potenzialmente rivoluzionare la medicina riabilitativa e personalizzata, aumentando la precisione dei protocolli terapeutici e fornendo una comprensione più completa della rete osteo-miofasciale.

Leggi anche
https://ferdinandopaternostro.com/2025/07/30/from-myofascial-chains-to-the-polyconnective-network-a-novel-approach-to-biomechanics-and-rehabilitation-based-on-graph-theory/

References

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3. Paternostro, F., Santosuosso, U., Della Posta, D., Francia, P. (2019). “Graph Theory Applied to the Human Locomotor System.” Italian Journal of Anatomy and Embryology December 19, 2019.

4. Kerkman, J.N., et al. (2018). Network structure of the human musculoskeletal system shapes neural interactions on multiple time scales. Science Advances, 4, eaat0497.

5. Della Posta, D., Branca, J.J.V., Guarnieri, G., Veltro, C., Pacini, A., Paternostro, F. (2022). Modularity of the Human Musculoskeletal System: The Correlation between Functional Structures by Computer Tools Analysis. Life, 12, 1186.

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9. Della Posta, D., Veltro, C., Paternostro, F. (2016). Anatomical network analysis reveals centralities in human biomechanical structure. Italian Journal of Anatomy and Embryology, 121, 212-212.